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LANCIO’ LA SFIDA FRIULANA VINCENTE ALLA MARINERIA TRIESTINA, E POI A QUELLA ADRIATICA

barcolanaFRANCESCO BATTISTON LO SKIPPER LIGNANESE CHE DETIENE IL RECORD IMBATTUTO DI VITTORIE A TRIESTE

LA  BARCOLANA STIMOLO’ L’EVOLUZIONE DELLA VELA ADRIATICA CON LO SVILUPPO DI BARCHE IMPRENDIBILI NATE PER CORRERE SUL LAGO E VINCENTI ANCHE ATTRAVERSO LE TEMPESTE

Il record di Francesco Battiston alla Barcolana è tuttora imbattuto. E probabilmente si riferisce anche al complesso delle regate in Adriatico. L’imprenditore lignanese, di origini olandesi, ha cavalcato fin dagli anni ’70 la sua grande passione per il mare. Per lo sport e i suoi principi e ideali. Che lo hanno portato a comporre equipaggi tecnicamente imbattibili in anni nei quali non esisteva l’ausilio del satellitare, non esisteva la telefonia mobile, non c’era la possibilità di confrontarsi ed essere supportati in web. Le stesse previsioni meteo erano per gran parte affidate all’intuito e all’esperienza dei naviganti. Per telefonare era necessario collegarsi via radio in onde corte con la stazione terrestre. Quindi, in mare, ci si ritrovava a essere soli. E l’assenza di errori da parte di un equipaggio di dilettanti, per gran parte operatori turistici, commercianti, professionisti o artigiani lignanesi, era l’arma vincente e lo strumento per sfruttare al meglio barche nate per altre condizioni. E la sfida era così ancor più avvincente. E la Barcolana rappresentava la meta da raggiungere per un team che alle sue spalle non aveva la storia né la tradizione velica del capoluogo regionale. “Era un trampolino di lancio per skipper, barche, equipaggi – racconta Battiston – perché assicurava visibilità e crediti d’immagine da poter spendere con i potenziali sponsor”.  La prima volta di Battiston? Con lo Swan 38 Lunic, di Boranga: -”siamo arrivati secondi dietro White Shadow, in una giornata di vento, altrimenti sarebbe stato difficile farla andare veloce; quando la vedo, oggi, è pur sempre uno Swan, ma l’albero sembra il tronco di un platano”. In quell’edizione si era già formato l’equipaggio che sarebbe stato richiesto assieme a Battiston per correre alla Centomiglia del Garda su Condor 50, progetto Buizza, con una spedizione nata dal raccordo tra Elia Zoccarato, il guru dei velisti friulani, e Luciano Mainardi, friulano di Brescia. Condor era vuoto, leggerissimo. “Abbiamo pensato – prosegue Battiston – che se l’avessimo portato a Trieste avrebbe vinto”. E così è stato grazie dall’austriaco Franz Bucher, che l’acquistò dall’editore bresciano Armanno Becchetti con la pregiudiziale che a portarla in regata fosse l’equipaggio lignanese. A Trieste, all’ormeggio la sera prima della regata, dormendo nei sacchi a pelo sul pagliolato della barca, perché era priva di arredi, ‘Checco’, come lo ha sempre chiamato il suo equipaggio, sentiva gli avversari locali che passavano commentando: -“Xe el scafo de un catamaran”! Una barca che non aveva avversari. Ma la sete d’innovazione dello skipper e dell’armo friulano li porterà a ‘correre’ alla 100 miglia del Garda. Una regata nota ancor oggi per il regolamento anarcoide, che lascia spazio all’innovazione e fa correre i cosiddetti Classe libera, le F1 del mare, privi delle complesse limitazioni che con calcoli algebrici consentono di valutare il rendimento di barche di dimensioni simili o diverse. I libera sono scafi dotati di terrazze, appendici alari alla coperta sulle quali si posizionano i velisti per controbilanciare la spinta del vento e raddrizzare lo scafo, che, in posizione parallela all’acqua, è più veloce. Non solo, ma come accade sulle derive, i velisti si appendono come i rocciatori con dei trapezi all’albero della barca per poter ‘pesare’ di più e rendere efficacie la loro funzione. Il regolamento della Barcolana ammetteva l’uso dei trapezi. “La deriva era profonda 2 m e 70 cm – ricorda Battiston – e di bolina era veloce da far paura”. Ma anche gli avversari affilavano le armi. Ed ecco un nuovo formidabile scafo: Uragan. Era un progetto di Ettore Santareli, e si trovava sul Garda, perchè era una barca da lago, veloce e leggera. Quando Battiston e Bucher si recarono dal costruttore-progettista esponendo il loro piano, che comprendeva la Barcolana, la Rimini-Corfù-Rimini, la 500 x 2, gli appuntamenti epici di allora, questi li guardò con gli occhi spalancati. Un po’ di rinforzi allo scafo, e ci fu di nuovo una serie di successi: -“Eravamo andati 10/15 anni più avanti degli altri”, commenta Battiston. “Eravamo imprendibili”. Quando l’armatore si ritirò, alcuni appassionati lignanesi non vollero disperdere l’esperienza maturata dalla vela locale. Così Giuseppe Puiatti, Giuseppe Mondolo e Paolo Zizala acquistarono il Fanatic, nuova F1 del mare, un Luffe 54 di costruzione danese. Barca con la quale Battiston ha vinto due volta la Barcolana, la Vela Venezia e i principali appuntamenti adriatici. Finchè un nuovo velista-armatore, Gianni Guidolin, rimise in gioco l’armo lignanese. “Un giorno – ricorda Battiston – si ripetè la scena vissuta agli esordi con l’austriaco Bucher: venne da me Guidolin con il quale avevamo fatto un paio di regate sul suo Grand Soleil 52, dicendomi che gli avevano offerto di acquistare Gaia Legend, una barca molto avanzata, slovena, che era stata timonata da Mitjia Kosmina; ma che l’avrebbe fatto soltanto se a bordo ci fossi stato io con il collaudato equipaggio”. Nel frattempo a Lignano si era formato un secondo equipaggio con alcuni degli elementi dell’armo di Battiston. Gaia Legend si chiamò Goose & Gander, fu riassettata, e pronta per le nuove sfide. Ma la vela adriatica stava cambiando. E ai libera si stavano avvicendando nuovi progetti. Come Cometa, costruito nel Marina Punta Faro che per decenni ha rappresentato la base operativa di Battiston, il quale aveva anche inventato un ristorante nel porto. Alla Barcolana, Goose & Gander arriva 2. dietro Cometa. Poi è cambiata la storia della Barcolana, con l’arrivo di Alfa Romeo. Destinata ad azzerare la competizione imponendosi per le dimensioni.

“Così è finita la Barcolana”, spiega Battiston, uno dei suoi più affezionati sostenitori. L’unico a detenere sei trofei della Coppa d’autunno. Anche Goose & Gander, per esempio, di fronte barche di a quelle dimensioni non era più competitiva. Si era aperta una gara alle dimensioni che ha spento l’entusiasmo degli armatori a causa dei costi sempre più elevati. “Io stesso – racconta Battiston – consigliai a Guidolin di vendere Goose & Gander prima che si svalutasse eccessivamente”. “Alla Barcolana – afferma con rammarico facendosi portavoce di tanti skipper e armatori – hanno commesso l’errore di non porre un limite alla lunghezza delle barche partecipanti; limite, che poteva essere fissato a 18 metri. Imbarcazioni già sufficientemente grandi per fare spettacolo, ma rispetto a questa misura decina di barche, anche di dimensioni minori, avrebbero potuto essere competitive. E numerosi armatori sarebbero stati invogliati a realizzare nuove imbarcazioni per lanciare la sfida. Invece la vela adriatica è ferma da anni, dall’arrivo di Alfa Romeo”. “Al suo posto – prosegue – quest’anno c’è Maxi Jena, e si sa già che vincerà: mancano l’emozione della sfida e l’incertezza del risultato che anima anche il pubblico; si battaglia per il risultato di classe, ma al grande pubblico interessa la sfida per la vittoria, che non c’è più da troppi anni”. “Certo – precisa Battiston – lo spettacolo del Golfo pieno di vele è impagabile, ma il ritorno sportivo della regata è limitato, e invece, proprio per le dimensioni dell’evento, dovrebbe essere esattamente il contrario e stimolare la vela non solo nell’Adriatico”. “Ricorda lo spettacolo che c’era –  conclude l‘appassionato skipper che già negli anni ’80 fece il giro del mondo – quando almeno due o tre barche si battevano bordo dopo bordo, e a volte erano le condizioni meteo a determinare anche una piccola differenza. Quello era il vero sport del mare”…

 

Carlo Morandini

 

Udine, 5/10/2015